Che cosa s’intende per turismo culturale? Chi sono i nuovi viaggiatori di cultura?
Nell’articolo qui proposto si descrivono i tratti principali che caratterizzano i comportamenti di consumo di esperienze turistiche chiamato turismo culturale. Tale recente modalità di relazione con territori, storie, tradizioni e persone ha visto negli ultimi anni una crescita esponenziale. Nuove sono le prospettiche ancora oggi possono e devono essere approfondite: comprendere chi sono i viaggiatori di cultura e quali bisogni li caratterizzano è un'attività chiave per sviluppare tale settore. Partendo da tali bisogni, si è potuto costatare, anche da un punto di vista storico, come il turismo culturale non sia più solo o meglio inglobato dal turismo di massa. Il turismo culturale sta diventando sempre più un settore autonomo e di forte interesse nel mercato del travel. Di conseguenza, il consumaturista si è evoluto nella scelta della vacanza, nei bisogni e nell’esperienza di viaggio che cerca di soddisfare e vivere per costruire parte della propria identità culturale, storica e personale.
Parole chiave: turismo culturale, interculturalità, patrimonio intangibile, tradizioni, sostenibilità
Turismo e cultura sono due dimensioni strettamente connesse. Queste hanno visto negli ultimi anni
la necessità di legarsi e rafforzarsi. Il loro legame, diventato sempre più profondo ed esplicito, è
stato identificato come una specifica forma di consumo chiamato turismo culturale.
Come oggetto di studio accademico, la crescita di questo fenomeno può essere ricondotto
all’incremento dei viaggi leisure dopo la seconda guerra mondiale. Il nascente settore del turismo
aiutò la ripresa dell’economia europea, andata in frantumi durante la guerra e Il numero di persone
che iniziò a viaggiare crebbe notevolmente tra gli anni ’60 e ’70, per poi aumentare
consistentemente negli anni ’90 con il turismo di massa.
Se in passato il turismo culturale era inglobato dal turismo di massa recentemente si è staccato,
ponendosi come un’alternativa a quest’ultimo.
L’UNWTO United Nations World Tourism
Organization definisce il turismo culturale come un’attività turistica nella quale «i viaggiatori hanno
una forte motivazione nell’apprendere, scoprire, e vivere esperienze culturali connesse al
patrimonio tangibile e intangibile di una destinazione»
Le parole-chiave che a oggi lo identificano sono infatti: patrimonio intangibile, veicolo di valori e tradizioni, sostenibilità, turismo di qualità, consapevolezza. Il turismo culturale si pone come una soluzione che possa garantire uno sviluppo turistico ed economico sostenibile, che controlli l’effetto distruttivo del sovraffollamento turistico, ovvero l’overtourism, quel fenomeno che si genera quando un territorio viene “invaso” dai turisti in modo insostenibile. Per garantire la possibilità di sviluppo di un territorio è necessario, infatti, che ci sia uno sviluppo locale e globale, che possa facilitare la conoscenza di nuove forme e opportunità turistiche attraverso reti informative e formative (Davolio e Somoza, 2016). La sostenibilità è la chiave per garantire una fruizione futura del patrimonio culturale e dei territori (Bustreo, 2014). Per questo è necessario che non si tenga conto solo il numero di viaggiatori che transitano e stanziano nella destinazione. Al contrario: è essenziale il rispetto e il proseguo delle abitudini comportamentali dei residenti nel proprio territorio e nella propria realtà e quindi della comunità che vive sul territorio e che ha contribuito a comporre paesaggi e scenari, che ad oggi richiamano ingenti e spesso incontrollate quantità di turisti.
Nel turismo culturale la dimensione economica ha un ruolo importante, perché il reddito derivante dal turismo viene utilizzato per preservare il patrimonio culturale (Besana, 2013; Guraziu, 2016). La cultura si conferma come uno dei settori più importanti e produttivi dell’industria turistica. Infatti nel 2018 l’UNWTO ha pubblicato il Report on Tourism and Culture Synergies nel quale si ribadisce l’importanza del turismo culturale: l’89% degli enti nazionali per il turismo confermano che la gestione del turismo culturale è parte delle loro politiche. Inoltre, i dati lasciano prevedere che nei prossimi cinque anni questo fenomeno aumenti sempre di più. Secondo l’OCSE Organization for Economic Co-operation and Development il turismo culturale rappresenta il comparto turistico con maggior velocità di crescita, al livello mondiale il 10% degli arrivi è motivato dal turismo culturale. Il grande sviluppo di questo settore, più precisamente del patrimonio intangibile (Goetz e Rossi, 2011), ha portato l’economia della creatività e l’economia generata dal turismo culturale a integrarsi. L’economia creativa approcciata al turismo offre la possibilità di aggiungere valore, sviluppando il coinvolgimento ed esperienze, aiuta le destinazioni a essere attraenti e al tempo stesso a mantenere la propria unicità. In Italia, ad esempio, gli Osservatori Digital Innovation della School of Managament del Politecnico di Milano forniscono dati relativi al 2018 sulla fruizione di attività culturali: i servizi e le attività esperienziali costituiscono in media il 26% del budget per la vacanza. Superando il 31% in caso di weekend e vacanze brevi fino a 3 giorni (97€ su una spesa complessiva media di 313€). Inoltre, su un budget di 725€ il 26% è influenzato da attività esperienziali (Renga e Lorenzini, 2019).
Bisogna però considerare che il turismo culturale può incorrere in tipi due fenomeni:
• l’effetto festival
• l’effetto spiazzamento.
L’effetto festival si genera quando, dopo l’evento, la destinazione riesce comunque a mantenere le
presenze sul territorio offrendo attività alternative. Al contrario dell’effetto spiazzamento, che
invece rappresenta quella dinamica secondo cui, terminata la manifestazione culturale, i turisti
lasciano la destinazione che resta scoperta.
Ecco quindi che tra altre cose, nell’ottica di offrire prodotti tailored made, bisogna comprendere chi
sono i viaggiatori culturali.
Il turismo culturale quale forma di consumo è stato opportunamente oggetto di studi antropologici. Molte di queste ricerche avevano come obiettivo quello di comprendere le motivazioni e i fattori che influivano nel consumo di esperienze culturali e come all’interno di questo fenomeno si creavano delle stratificazioni a più livelli dei viaggiatori di cultura. Inizialmente si poneva la distinzione tra turisti culturali generali e specifici: coloro per i quali la cultura si poneva come valore aggiunto della vacanza e coloro per i quali le esperienze culturali rappresentavano l’obiettivo principale. Questa semplice distinzione nel tempo si è evoluta, andando ad aggiungere nuove forme di consumo e godimento, in questa direzione è utile utilizzare la classificazione di McKercher che vede il viaggiatore differenziarsi sia per la motivazione culturale sia per la profondità dell’esperienza che si vive. La combinazione di tali dimensioni comporta l’individuazione di cinque tipi di turista culturale:
• Purposeful Cultural Tourist: colui che attribuisce molta importanza sia all’esperienza turistica sia alla motivazione culturale;
• Sightseeing Cultural Tourist: colui che attribuisce molta importanza alla fruizione culturale e considera l’esperienza turistica come un insieme di più attività culturali;
• Casual Cultural Tourist: nella scelta di visitare un territorio, l’aspetto culturale non è tra i primi obiettivi;
• Incidental Cultural Tourist: la motivazione culturale è assente, ma rientra tra le possibilità aperte nella destinazione in cui si decide di trascorrere il proprio tempo libero;
• Serendipitous Cultural Tourism: non si sceglie di svolgere consapevolmente un’esperienza turistica, ma quando si realizza, si è stati profondamente coinvolti.
Oltre che per la motivazione culturale e la ricerca dell’esperienza autentica, il viaggiatore ha ulteriori caratteristiche: maggiore capacità di spesa; maggiore livello d’istruzione; interesse per eventi e iniziative proposte sui territori e de-stagionalizzazione degli arrivi, elemento che garantisce la sostenibilità del territorio.
Per quanto riguarda l’offerta culturale occorre una gestione integrata e strategica del patrimonio immateriale. Il territorio deve essere in grado di costruire una rete comunicativa che permetta di comunicare al consumaturista la propria identità e quindi la sua storia, i suoi valori, l’ambiente abitato e la relazione con i suoi ospiti. Per molti anni la gestione delle reti comunicative e la possibilità di condividere contenuti culturali è rimasta bloccata, infatti, dal fatto che i territori non fossero facilmente accessibili e non collegati tra loro. A oggi questa condizione è cambiata. Anzi: il veicolo di patrimoni culturali in talune situazioni ha comportato la perdita dell’identità di alcuni territori, complice anche negli anni passati il forte sviluppo del turismo di massa. A tal proposito è necessario che i territori preservino e tutelino la propria storia, utilizzandola come punto di forza per creare un network, dentro il quale si possano individuare gli stili di sviluppo possibili di un territorio e che generino ricchezze e conoscenze durevoli. All’interno della rete bisogna così far convergere le risorse necessarie affinché si sviluppino, in un’ottica di rapporti di mutuo sostegno, legami profondi in base alle proprie capacità e che valorizzino le proprie caratteristiche, garantendo la sostenibilità delle risorse locali (sociali, economiche e ambientali).
La necessità di scegliere e praticare un turismo di cultura trova corrispondenza nel bisogno di
ritrovare quell’autenticità sia nel luogo sia nell’esperienza di viaggio. Riconquistare la genuinità del
luogo e dell’esperienza turistica comporta di conseguenza la valorizzazione della sfera intangibile.
Un valore inalienabile dell’esperienza turistica.
Il patrimonio intangibile o patrimonio culturale non si costituisce soltanto di monumenti e
oggetti. Esso bensì racchiude conoscenza, tradizioni, pratiche sociali, riti, espressioni orali e arti
dello spettacolo.
Per questa ragione chi ne usufruisce attualmente deve essere consapevole della responsabilità che ne
assume profittando di tale godimento e preservando il bene stesso per le generazioni future. Questa
consapevolezza comporta che il turismo che ne genera sia di qualità.
Turismo culturale significa anche veicoli di valori, tradizioni e culture diverse. E a riguardo del
patrimonio immateriale l’Unesco dichiara:
«Il patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di
fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto
reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in
sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione
all’altra».
Come anticipato, uno degli elementi più importanti che caratterizzano il turismo culturale è la
sostenibilità del prodotto, sia per le comunità coinvolte sia per i territori che ospitano i viaggiatori.
Bisogna partire da queste risorse e sviluppare un prodotto che abbia un valore di esistenza e di
eredità intergenerazionale. Ovvero, più si amplierà la domanda potenziale, più avremo bisogno di
sviluppare un prodotto sostenibile che vada a integrarsi con gli altri settori produttivi.
In quest’ottica gli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa rappresentano una opportunità per
riscoprire e promuovere storie, tradizioni, culture differenti e creare reti, rappresentano una
prospettiva di turismo sostenibile e di scambio di valori culturali tra nazioni.
L’itinerario culturale si pone come una nuova forma di fruizione. In particolare, gli Itinerari
Culturali del Consiglio d’Europa permettono di unire territori geograficamente lontani, così come
comunità differenti, creando una storia comune europea. Sono cammini che in passato erano
utilizzati da pellegrini, crociati, re, mercanti e simili. E che oggi possono contribuire a riscoprire
legami e relazioni che valorizzano il territorio e i suoi abitanti nel modo più opportuno.
Il programma degli Itinerari Culturali d’Europa è stato costituito nel 1987 con il Cammino di
Santiago de Compostela. Essi incentivano il viaggio e la scoperta del ricco e variegato patrimonio
europeo, sensibilizzando le differenze culturali. Interessante è la definizione di Michel Thomas Penette, ex Direttore dell’Istituto Europeo degli Itinerari Culturali:
«gli itinerari culturali sono fondati su un processo di cooperazione culturale che risponde a tre
funzioni. La prima è una funzione di protezione dei valori culturali dell’Europa che considera le
tensioni tra identità locale, regionale, nazionale ed europea. La seconda è una funzione di osservatorio
dinamico, che permette di scambiare informazioni ed esperienze. La terza è una funzione
sperimentale che permette di portare l’accento nel contempo su nuovi programmi di cooperazione tra
settori di ricerca diversi e complementari, di nuove forme di incontro tra i giovani Europei, di
valorizzazione di patrimoni meno noti, la costituzione di reti che mettono in sinergia delle competenze
che vanno dalla concezione alla realizzazione di un progetto o che lavorano in modo trasversale,
ricercando l’interdisciplinarità. Soffermandoci sulle parole dell’autore, l’itinerario culturale può essere considerato come uno spazio
geografico in cui viene favorito il veicolo di patrimoni culturali e la cooperazione tra i cittadini europei al fine di creare un patrimonio comune che non sia solo guidato da scopi economici. I punti
che il programma degli Itinerari Culturali mette in risalto sono infatti la valorizzazione del
paesaggio, il recupero e la responsabilità del proprio passato. Punti di forza per poter pensare al
futuro e rinforzare quella consapevolezza di far parte di un progetto comunitario europeo che oggi
ancor troppo manca.
Il paesaggio si può definire come il risultato della relazione che lega la comunità al suo territorio: un
incubatore di dinamiche sociali e di significati profondi che ciascun individuo gli attribuisce. Questi
itinerari sono imperniati di storia. Per questo intraprendere un itinerario culturale diventa
un’esperienza unica, una sorta di viaggio nel tempo per conoscere territori, che con la loro storia
hanno contribuito a creare l’Europa in cui oggi viviamo. Per realizzare tutto ciò è necessario
garantire un dialogo robusto tra gli stili di sviluppo possibili sul territorio, in grado di generare
quindi ricchezza e conoscenze durevoli, in quanto generate da culture specifiche e generanti di
cultura.
Questi itinerari rappresentano una risorsa fondamentale. I temi che toccano riguardano musica,
arte, letteratura, storia, religiosità e qualsiasi altra forma di cultura che nel tempo ha contribuito a
creare l’identità dell’Europa contemporanea.
Partendo da Il cammino di Santiago fin alla più recente candidata a Itinerario Culturale la Via Querinissima, tali itinerari rappresentano una nuova forma di turismo, di qualità, di scambio culturale tra nazioni e culture europee, che valorizza e sostiene il ricco patrimonio europeo. Tale certificazione è non solo una garanzia di eccellenza: all’interno di ciascun itinerario devono essere attivati progetti legati alla cooperazione nella ricerca e nello sviluppo, alla memoria della storia e del patrimonio d’Europa, scambi didattici ed educativi, pratiche artistiche e culturali contemporanee, turismo culturale e sviluppo culturale sostenibile. Ma anche garanzia di sviluppo di cui il futuro d’Europa e non solo non può far a meno.
Queste rotte culturali permettono di mettere in relazione
uno o più territori che si uniscono in forza del tracciato geografico dell’itinerario e dei suo valori:
una nuova possibilità di diffondere antiche culture e conoscenze attraverso il cammino dei
viaggiatori per rinnovare la propria storia.
Marzia Liuzza, Massimo Bustreo
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